Pantalica (Cassaro, Ferla, Sortino)

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Parete della mostra
 
 
 

Brani letterari

“Arrivammo a Pantalica, l'antichissima Hybla, ci arrampicammo su per sentieri di capre, entrammo nelle tombe della necropoli, nelle grotte-abitazioni, nei santuari scavati nelle ripide pareti della roccia a picco sulle acque dell'Anapo. Il vecchio parlava sempre, mi raccontava la sua vita, la fanciullezza e la giovinezza passate in quel luogo. Mi diceva di erbe e di animali, dei serpenti dell'Anapo, e di un enorme serpente, la biddina, fantastico drago, che pochi hanno visto, che fàscina e ingoia uomini, asini, pecore, capre.”
(Vincenzo Consolo, Le pietre di Pantalica)

“Di tutte queste vicende, Pantalica si conserva come un teschio: grandi occhiaie vuote, allineamenti di grevi massi rozzamente abbozzati, come residuo di una reggia. Le occhiaie vuote sono le tombe preistoriche o forse in seguito anche abitazioni […] Questa è Pantalica un luogo da visitare senza niente da vedere, da vedere senza niente da visitare, ma come un paese trovato varcando uno specchio, è quasi una fata Morgana che si è fatta avvicinare senza sparire di colpo.”
(Cesare Brandi, Viaggi e scritti letterari)

“Se Pantalica era fin da quattro secoli addietro conosciuta per le sue immense necropoli, nessuno aveva tenuto conto di un rudere molto importante, che oggi è, disgraziatamente, ridotto in tristi condizioni. Io lo vidi per la prima volta nel febbraio del 1889, e dubitai allora della sua alta antichità; lo rividi e lo studiai nel giugno del 1895, prendendone le fotografie, schizzi e misure, dopo averlo sgombrato completamente dalle terre che in parte lo nascondevano; fu allora che mi convinsi trattarsi di un edificio antichissimo ed unico nel suo genere, trasformato e adattato dopo molti secoli dagli abitatori che in tempi bizantini vissero sulla montagna di Pantalica, il quale oggi ancora in bocca ai villani è detto palazzo della Regina.”
(Paolo Orsi)

“Tra le fonti Cìane e Aretusa Pisea c'è un tratto di mare,
che si restringe, racchiuso com'è tra due strette lingue di terra:
qui, notissima fra le ninfe di Sicilia,
viveva Cìane e da lei prese nome anche quella laguna.
Dai flutti emerse la ninfa sino alla vita,
riconobbe la dea: ‘Non andrete lontano,’ disse;
‘genero di Cerere non puoi essere, se lei non acconsente:
chiederla tu dovevi, non rapirla. Se mi è lecito
paragonare grande e piccolo, anch'io fui da Anapi amata,
ma fui sua sposa dopo che ne fui pregata, non terrorizzata’.
Così disse, e allargando le braccia cercò
di fermarli.
Il figlio di Saturno non trattenne più la sua rabbia:
aizzando i terribili cavalli, brandisce con tutto il vigore
del braccio lo scettro regale e l'immerge nelle profondità
dei gorghi: a quel colpo un varco sino al Tartaro si aprì nella terra
e il cocchio sprofondò nella voragine scomparendo alla vista.
Addolorata per il rapimento della dea e per l'oltraggio
inferto alla fonte, Cìane ammutolì serrando nel proprio cuore
l'inconsolabile ferita: tutta in lacrime si strusse
e si dissolse in quelle acque delle quali una divinità
insigne era stata innanzi.
Avresti visto snervarsi le sue membra,
le ossa flettersi, le unghie perdere durezza;
e per prime si sciolsero le parti più sottili:
i capelli color del mare, le dita, i piedi e le gambe
(basta un attimo per mutare in acque gelide
l'esilità delle membra). Poi furono le spalle, il dorso, i fianchi,
il petto ad andarsene, svanendo in rivoli evanescenti;
infine in luogo del sangue vivo penetra l'acqua nelle vene
in dissoluzione e nulla più rimane che si possa afferrare.”
(Ovidio, Metamorfosi, Libro V)

 
 
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00'41'', lettura del brano da "Le pietre di Pantalica" di Vincenzo Consolo

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Ascolta la didascalia della foto "Oltre il mito (Un paesaggio da sfogliare)"

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Itinerario: A
Località attuale: Pantalica (Cassaro, Ferla, Sortino)
Parete attuale: di introduzione
Prossima tappa nell'itinerario: Siracusa archeologica

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