La scalinata di Santa Maria del Monte fu ideata per unire due zone del paese, costruita nel 1606, operando un taglio fra le case arroccate lungo la scarpata meridionale del colle. L'architetto fu Giuseppe Giacalone su progetto di Giandomenico Gagini e fu sistemata a gradoni e in diverse rampe complessivamente di circa 150 gradini. Essi, seguendo l'ordine cronologico dall'alto in basso, sono idealmente suddivisi in 10 settori, uno per secolo. A partire dal decimo sono decorati con elementi geometrico figurativi e floreali, rappresentanti esempi di stile arabo, normanno, angioino, aragonese, svevo, spagnolo, chiaramontano, rinascimentale, barocco, settecentesco, ottocentesco e contemporaneo. Ogni anno, nel corso di feste religiose o civili, viene artisticamente illuminata dai coppi dentro i quali sono posti delle luminarie alimentate ad olio di oliva secondo una tradizione che risale al 1860 quando un frate, Benedetto Papale, ebbe l'idea di illuminare la scalinata sistemando i coppi secondo un disegno, ogni anno diverso. Ancora oggi questo rito si ripete richiamando una moltitudine di persone da ogni angolo della nostra isola e diventando elemento identitario della città.
Bosco di Santo Pietro
La riserva ingloba uno dei più imponenti e vasti lembi residui di sughere miste della Sicilia centro meridionale, con esemplari ultracentenari che si accompagnano ad una vasta e fitta lecceta. Pur essendo probabilmente eccessivo sostenere che, prima dell'arrivo dell'uomo, la Sicilia sia stata totalmente ricoperta da fitti boschi, talune arie della nostra isola infatti sono ritenute poco adatte per condizioni climatiche e suolo, in ogni caso certo è che ciò che rimane integro ai giorni nostri rappresenta, dopo millenni di presenza umana e sfruttamento, una realtà appena comprensibile se paragonata all'aspetto primordiale. I boschi nell'isola, secondo alcuni autori avrebbero occupato il 50% del territorio, altri sostengono perfino l'ottanta per cento; le modificazioni più importanti e la distruzione degli habitat originari sono tuttavia recenti, infatti nel 1911 risultava una copertura boschiva dell'isola di appena 98 mila ettari pari al 3% della superficie della Sicilia. Ecco perché oggi il Bosco di Santo Pietro è importantissimo e racconta la storia di una Sicilia andata perduta. Nella riserva non è insolito ascoltare la chiassosa ghiandaia che, imitando i versi del gatto selvatico e della poiana evita di essere così predata. Al calare della notte, si odono i richiami dei rapaci notturni come assiolo, civetta e barbagianni. Il percorso è di media difficoltà.
La festa di San Giacomo a Caltagirone
La festa di San Giacomo costituisce il momento in cui tutta la città rende omaggio al santo patrono, i festeggiamenti iniziano il 23 luglio con spettacolari fuochi d'artificio presso la villa comunale, proseguendo il 24 e 25 luglio con la maestosa e famosissima Scala Santa Maria del Monte che, per l'occasione, viene illuminata con i tradizionali coppi. La devozione dei calatini verso San Giacomo ebbe inizio nel 1091 quando il Conte Ruggero nel recarsi alla conquista di Malta, trovandosi nei pressi di Caltagirone, sconfisse delle bande saracene con l’aiuto di milizie locali. In quell'occasione la tradizione vuole che San Giacomo determinò la vittoria sui Saraceni con la sua stessa presenza. Il conte entrato vittorioso in città, volle innalzare un tempio dedicato al santo, affidandogli la città. “Viva Dio e San Giacomo” gridano i portatori del pesante fercolo. E’ il 25 luglio, quando la scala è illuminata a festa e la processione, accompagnata dal corteo storico e dalle autorità civili e religiose, giunge in Piazza Municipio, il momento di grande tripudio ma anche di profondo legame della città con le sue radici storiche e antropologiche.
La ceramica di Caltagirone
Dopo il terremoto del 1693 a Caltagirone si verifica una formidabile ripresa produttiva della ceramica, la lavorazione di grandi e pregevoli lavabi da sagrestia, dalle barocche applique fitomorfee antropomorfe che richiamano prototipi architettonici in stucco e che distingue i prodotti calatini da quelli coevi di altri centri siciliani. A seguito dei contatti commerciali con il continente, alborelli, bocce e brocche risentono fortemente nella decorazione e nella forma di influssi veneti caratterizzati da ricchi motivi fitomorfi in ocra verde e azzurro e di quelli liguri facilmente distinguibili per i decori in blu su smalto turchino detto berrettino. Originalissima inoltre la serie di fiasche, bombole, brocche con rivestimento in manganese colante usato anche su grandi acquasantiere in terracotta, disposti d'entrata delle chiese. Nel XIX secolo, l'introduzione di manufatti esteri più economici determina un calo nella produzione, in questo periodo, le botteghe di Caltagirone si specializzano nella produzione di vasi di uso quotidiano quali anfore, vasi cilindrici, brocche e non mancano però manufatti di grande pregio artistico commissionati da ricchi borghesi destinati agli arredi da giardino quali vasi antropomorfi come le teste di Turco che diedero origine a numerose leggende in tutta la Sicilia Orientale.
La testa di turco: leggenda
Si narra che intorno all'anno 1100 d.C., durante la dominazione musulmana in Sicilia, una bellissima fanciulla viveva le sue giornate rinchiusa in casa prendendosi cura delle piante del suo balcone. Un giorno, dall'alto della sua balconata, fu notata da un giovane moro e, invaghitosi di lei, le dichiarò il suo amore. La giovane, non essendo mai stata corteggiata, ricambiò il sentimento e permise al Moro di entrare in casa; pur essendo innamorato della fanciulla, il giovane Moro, in Oriente, aveva moglie e figli dove tornare e quando rivelò alla fanciulla la notizia, lei amareggiata per l'amore tradito fu pervasa da uno scatto di ira e dal pensiero di vendetta. Così, l'ultima notte trascorsa insieme, lei lo decapitò creando con esso un oggetto simile ad un vaso che pose sul balcone e vi piantò all'interno del basilico. Curando amorevolmente quella pianta, immaginava di prendersi cura del suo amato e adorato Moro.