Una corsa di quadrighe collega la residenza tardoantica a Roma
Le vaste dimensioni di questo spazio di forma oblunga, chiuso su ciascuna estremità da un’abside, suggerisce una destinazione pubblica e il suo utilizzo come area di passaggio che precede gli ambienti termali.
Il mosaico pavimentale incorniciato, sui lati lunghi, dai resti di una serie di colonne che dovevano sostenere la volta, e da partiture geometriche, a finti marmi, affrescate sulle pareti, accoglie uno dei mosaici più straordinari della villa romana del Casale: una corsa di quadrighe ambientata nel Circo Massimo di Roma. La particolare ricchezza coloristica delle tessere pavimentali è stata ottenuta, dall’abile arte delle maestranze, mediante l’uso simultaneo di pietre e paste vitree che ne hanno esaltato la forza narrativa.
Una prospettiva destinata a pochi
Il repertorio iconografico di gare circensi era molto diffuso in epoca tardoantica, tuttavia il mosaico della vasta sala biabsidata riserva un punto di vista dell’arena destinato solo a personalità di alto rango, ospitate nella tribuna imperiale. Osservando la spina, tra i vari elementi decorativi, la statua che raffigura la Magna Mater Cibele, a cavallo di un leone, è disposta di spalle. Questo particolare eloquente sottolinea che la gara era osservata dalla tribuna imperiale del Circo Massimo, il Pulvinar.
Prima della partenza
Sullo sfondo curvilineo dell’abside nord, occupato da tre templi che celebravano le principali divinità dell’Urbe, si distinguono due aurighi che si preparano alla gara in presenza di servitori, che consegnano loro elmo e frusta. Nella zona sottostante incentrata sulle architetture adibite alla partenza, si dispongono a semicerchio gli stalli di partenza dei carri, ciascuno caratterizzato da una statua di divinità. Dal tribunal, una struttura con timpano decorato posta al centro dei carcerese sormontata da una quadriga di leoni della dea Cibele, si affaccia il magistrato organizzatore dei giochi che da inizio alla gara sventolando un drappo bianco.
Un cancello per ogni quadriga?
Se avessimo avuto l’opportunità di partecipare come spettatori a questa gara impetuosa avremmo visto gareggiare dodici cocchi a quattro cavalli appartenenti alle quattro principali fazioni del circo; la verde, la rossa, la bianca e l’azzurra. In realtà sull’ornato musivo della sala gareggiano solo quattro quadrighe, che riempiono la scena con tutto il loro dinamismo.
Un inseguimento a velocità elevata
L’osservazione del mosaico pavimentale, grazie al ritmo vorticoso della gara, cattura il nostro sguardo quasi come fossimo realmente presenti ad uno spettacolo di epoca tardoantica, nel mezzo del clamore del pubblico. I carri prendono velocità dopo aver lasciato i carceres alle loro spalle. I sette giri si svolgono attorno al muro di spina che ospita, nella raffigurazione, una serie di statue e tempietti e un obelisco riconducibile a quello portato a Roma da Augusto o da Costanzo II.
Le quadrighe degli Azzurri e dei Bianchi inseguono i carri dei Rossi e dei Verdi che sono già oltre la meta. Nonostante un naufragium abbia rovesciato a terra l’auriga dei Rossi con i cavalli, quest’ ultimo riprende la gara dopo l’accidentale contatto con il carro dei Verdi. La raffigurazione musiva è presentata con dettagliato realismo. Nell’arena sono, inoltre visibili, uomini a piedi, gli sparsores, che avevano il compito di gettare acqua su cavalli e aurighi per rinfrescarli oltre che impedire il surriscaldamento delle ruote dei carri provocato dall’elevata velocità.
Un pugnale salvavita
In un’arena pervasa di polvere, gareggiare contro il tempo scandito, a ciascun giro, dall’abbassamento delle uova visibili nell’ovarium, implicava comunque l’utilizzo di metodi di protezione. Nonostante l’eleganza delle bardature dei cavalli e delle tuniche indossate dagli aurighi in onore della propria fazione di appartenenza, questi ultimi, attraverso l’utilizzo di un pugnale, potevano tagliare le redini fissate, per prassi, ad un'alta cintura in cuoio stretta in vita.
Verso il traguardo
La fazione dei verdi arriva vittoriosa al traguardo seguita da quella dei rossi, che ha ripreso vigore nella corsa, nonostante il pericoloso contatto destabilizzante con il carro dei vincitori.
Di seguito le fazioni azzurra e bianca accompagnate da un cavaliere, forse il morator ludi, il sorvegliante dei giochi.
Due personaggi, restituiti dai mosaicisti con vivacità coloristica, accolgono l’auriga trionfatore; il primo è il suonatore di tuba, detto tubicen, che segnala la fine della gara, affiancato da un magistrato vestito con una toga contabulata dorata, che regge i premi costituiti da un sacco con il denaro e un ramo di palma.
Occhio agli spettatori
L’abside sud di questo grandioso ambiente si apre sull’entrata pubblica che conduce alle terme. Sullo sfondo dell’Arco di Tito, che si intravede nelle parti lacunose del mosaico pavimentale, è rappresentato il pubblico che assiste alla gara disposto sulle tribune. I personaggi, descritti con vivo realismo, indossano toghe orbiculate riconducibili a personalità di rango elevato appartenenti alla corte e alle più alte cariche politiche. Tra essi si scorgono due uomini che distribuiscono, probabilmente, del pane così come riporta la tradizione ricordata dalla locuzione “panem et circenses”.
Una gara tra terra e cielo
Immergersi nelle diverse iconografie che risaltano tra gli ornati musivi della Villa del Casale quasi a voler avvolgere il visitatore con molteplici significati, invita anche a comprendere la cultura che caratterizzava l’epoca tardoantica. Alcune testimonianze scritte, coeve alla residenza tardoantica, riportano un’interpretazione astrale delle corse che si svolgevano al Circo Massimo nella quale i dodici carceres simboleggiano i mesi dell’anno e i segni zodiacali, le due metae della spina rappresentano i poli dell’asse celeste, le quattro fazioni riconducono alle stagioni mentre la biga e la quadriga sono assimilabili alla luna e al sole.
L’etereo e inevitabile scorrere del tempo, richiamato dai giri del percorso, si collegherebbe alla maestosa architettura del circo identificabile con i confini del cielo.
Un possibile paragone
Lo storico legame che collegava il Circo Massimo con il potere imperiale, tra le varie interpretazioni degli studiosi, potrebbe suggerire l’intento del dominus di elevare l’edificio tardoantico sullo stesso piano del Palazzo Imperiale di Roma.