Se i luoghi hanno un’anima, quella di Ortigia è celata in un castello che occupa la sua punta estrema, a sud, e fa da sentinella al Porto Grande: Castel Maniace.
Questo luogo è rimasto celato fino all’inizio del XXI secolo poiché fino al 1972 apparteneva al demanio militare e solo nell’ultimo decennio del XX vennero avviati i restauri.
Come un palinsesto mostra i segni di numerose costruzioni e ricostruzioni, ma il suo primo impianto, rimasto inalterato, si deve a Riccardo da Lentini per ordine di Federico II di Svevia. Classico castello svevo, quadrato con le torri d’angolo, costruito tra il 1232 e il 1240, 300 anni dopo è stato munito di contrafforti ad opera di Ferramolino da Bergamo a servizio del viceré Gonzaga e ampliato con magazzini e bocche da fuoco tra il 700 e l’800.
Un ponte sul tempo
Da Piazza Federico di Svevia, delimitata a est dalla mole militare della caserma Abela oggi sede dei corsi di Architettura dell’Università di Catania, si accede a un ampio e assolato piazzale. La luce, accecante anche per il bianco della pavimentazione in misto di cava, dà l’impressione di attraversare una porta spazio-temporale. Percorsolo, quasi al vertice sinistro del piazzale, mentre lo scrosciare delle onde sulle rocce fa da colonna sonora, un ponte in muratura introduce il viaggiatore nella piazzaforte al centro della quale si trova il castello. Il ponte scavalca il fossato che isola il castello e mette il Porto grande in collegamento con il mare aperto. Superatolo si attraversa una porta di grande interesse che introduce alla piazza d’armi. Sullo sfondo, il prospetto nord, massiccio, ornato dalle due torri circolari d’angolo vi attrarrà come un magnete
Sala ipostila
Il portale che segna l’ingresso nel castello non conduce a un interno, ma a una corte nata con i crolli provocati dall’esplosione della polveriera nel 1704. Fino ad allora l’interno del castello Maniace era costituito da un’unica sala che era coperta da 25 volte a crociera appoggiate a 16 colonne e alle semicolonne incastonate nei muri perimetrali. Poi l’esplosione e la demolizione di 4 crociere hanno ridotto il salone alla metà della superficie. Quando però entrerete nella parte meridionale che mostra le 4 colonne centrali superstiti, lo stupore farà dimenticare queste mutilazioni. L’equilibrio tra il bianco della pietra di colonne e costoloni e il rosso dei mattoni delle volte è assoluto. A quel punto la sala vi sembrerà come era all’inizio, quadrata, e vi sembrerà davvero di potere incrociare Federico II da un momento all’altro…
Il forte della Vignazza
Oltre il castello, la punta estrema di Ortigia, che definisce a nord l’imbocco del Porto grande, è occupata da una fortificazione borbonica costruita sulle mura spagnole: è il forte della Vignazza realizzato alla fine del XVIII secolo sull’omonimo bastione appartenente alle mura spagnole che già 100 anni prima aveva una batteria di cannoni “a fior d’acqua” rivolte sia verso il mare aperto che verso il Porto grande. La batteria curvilinea che occupa la punta estrema fu invece realizzata una quindicina di anni prima dell’Unità d’Italia. Si tratta di una serie di spazi che, se non sono invasi dai visitatori, ricordano alcune vedute di De Chirico dominate dal faro verde che si trova sulla torre di sudovest.
Il bagno della Regina
Può un luogo militare da quasi un millennio o forse più, un luogo di muraglioni, torri, cannoniere, casematte offrire una sorpresa ancora più sorprendente di quelle finora esperite a Castel Maniace? La risposta è: si. C’è un luogo, piccolo (poco più di 1 mq), al quale si accede grazie a una rampa di scale in parte scavata nella roccia e in parte nello spessore del muro: è una vasca rivestita in marmo, il “bagno della regina”, riempita da acqua dolce di sorgente oggi salmastra e illuminata da un pozzo luce e da alcune feritoie. Da una di queste la luce, a mezzogiorno, colpisce direttamente lo specchio d’acqua. Cos’era? Davvero la vasca da bagno privata della regina? O dello stesso imperatore? O un luogo di purificazione come il Miqweh ebraico? Le ipotesi sono diverse, ma, in fondo, che importa? È un luogo dello straniamento al quale bisogna abbandonarsi.
La porta spagnola
Ai lati della porta si notano due profonde asole che servivano al funzionamento del ponte levatoio preesistente a quello odierno in muratura. Il suo disegno è attribuito al grande architetto Giovanni Vermexio autore delle più importanti architetture siracusane del secondo quarto del XVII secolo.
Il portale principale
Il portale originario d’ingresso al castello, gemma del prospetto che si rivolge verso la città, è una sintesi elegantissima di questa lunga storia di cui mostra le ferite (il taglio della chiave, per esempio), ma anche il palinsesto. Sopra l’arco un enorme stemma di Carlo V, collocato nel 1614.