I due corsi d’acqua (le “fiumare”) che scavarono le principali cave di Scicli non sono gli unici ad aver “disegnato” la città. Ve ne furono altri. Tra questi, quello che diede vita all’Antico Corso, oggi via Mormina Penna. È il “salotto buono” di Scicli, riconosciuto dall’Unesco “bene dell’umanità”. Visto dalla collina e dalla Chiesa di San Matteo, esso appare in tutta la sua evidenza. Il flusso principale scende dal Municipio fino alla Chiesa di San Michele (al centro della foto), e da qui si divide: un braccio continua a destra fino alla chiesa di Santa Teresa, l’altro devia verso via Fiumillo.
L'Antico Corso
Nell’antico Corso, dopo il terremoto del 1693 venne ricostruita la parte più nobile della città nuova. Sotto lo sguardo severo dell’Acropoli, sorsero chiese e palazzi nobiliari. Grazie all’andamento curvilineo creato dalla fiumara, l’odierna via Mormina Penna venne realizzata con una prospettiva che permette ancora oggi di ammirare con un unico sguardo le facciate delle sue chiese principali.
Palazzo Bonelli-Patanè
Tra gli ultimi palazzi costruiti a Scicli vi è quello della famiglia Bonelli, recentemente acquistato e ristrutturato dall’imprenditore Mario Patanè. Il palazzo venne edificato lì dove era un’antica casa palazzata con uno splendido giardino e una ricca fontana; essa era appartenuta ai discendenti di Mattia Ribera, venturiero spagnolo trasferitosi a Scicli dopo avere difeso Malta dal Grande Assedio ottomano (1565). Ereditato dalla famiglia Bonelli, l’edificio venne ricostruito dalle fondamenta all’inizio del Novecento: si trattava di una delle ultime committenze aristocratico-borghesi. Oggi l’eleganza del suo prospetto lineare si accosta mirabilmente alla facciata tardo-barocca della chiesa di San Michele.
Lo scalone di Palazzo Bonelli-Patanè
L’elegante scalone principale di Palazzo Bonelli–Patanè, illuminato da una vetrata colorata, è arricchito da stucchi e decorazioni pittoriche. La luce soffusa accarezza figure di fanciulle, amorini e satiri che incantano lo sguardo del visitatore. Le splendide decorazioni furono realizzate dal pittore avolese Raffaele Scalia tra il 1928 e il 1938, dopo il suo ritorno dagli Stati Uniti.
Le raffigurazioni del medaglione
Particolarmente interessante il medaglione realizzato nel ‘38 da Scalia sul soffitto dello scalone principale. Nella parte superiore, accanto allo stemma di famiglia, vengono raffigurate due figure femminili che tengono nelle mani una cornucopia e una bilancia (simboli classici di prosperità e giustizia) mentre una terza figura, intenta a filare, richiama le Moire della mitologia greca, «tessitrici della vita degli uomini». Ma quello che colpisce è la scena in basso: una scena agreste con uomini, e donne al lavoro. È la celebrazione di una ricchezza che viene soprattutto dai prodotti agricoli del territorio, all’interno di un palazzo che è un vero e proprio esempio di pietrificazione del guadagno.
Le decorazioni del salone
Il salone di rappresentanza, nel piano nobile del palazzo, è di un’eleganza lineare, “borghese” ma allo stesso tempo “aristocratica”. Qui le decorazioni esaltano la vita della famiglia, con le loro gioie, le loro relazioni sociali, ma anche con i loro dolori: in uno dei dipinti, quello che sembra essere un bambino a cavallo ricorda, probabilmente, uno dei figli dei Bonelli morto prematuramente.
Gli arredi interni
Molti degli arredi interni furono realizzati o progettati da Scalia, lo stesso che aveva dipinto gli splendidi affreschi. Incantevole è la camera da letto padronale, tappezzata d’azzurro e con la volta affrescata. I mobili di primo Novecento sono impreziositi da una fine doratura; spicca, tra essi, un inginocchiatoio. La bellezza di questa stanza non è solo un esempio di raffinatezza, ma è anche la dimostrazione di come le élites siciliane (e sciclitane) fossero aperte alle mode e alle tendenze del tempo
La terrazza del Palazzo
La terrazza sul retro del palazzo si affaccia su un grande giardino (forse quello antico dei Ribera?). Sullo sfondo, si impone alla vista la collina e la chiesa madre di San Matteo: esse ricordano le antiche vestigia e le origini della città.
Antica Farmacia Cartia
La facciata di Palazzo Bonelli-Patanè dà sullo slargo principale di via Mormina Penna, e insieme alla chiesa di San Michele e a Palazzo Spadaro, crea un elegante cornice per questo “salotto” della città. Affacciandosi dai balconi principali appare, di fronte, l’Antica Farmacia Cartia. Fondata nel 1902 da Guglielmo Cartia, questo laboratorio storico conserva ancora intatti gli arredi, gli oggetti e gli strumenti. Dentro, il tempo sembra quasi essersi fermato, e si ha l’impressione di vedere lo “speziale” intento a preparare le sue erbe medicinali.
L'interno della farmacia
All’interno del locale, raffinati scaffali d’epoca realizzati da un ebanista di Scicli, Emanuele Russino, custodiscono ancora barattoli, boccette, ceramiche e ampolle originali. Nel grande specchio centrale è un dipinto liberty dello sciclitano Giovanni Gentile. Anche gli strumenti (bilance, bilancini e un antico registratore di cassa) sono tuttora intatti e funzionanti. Di recente la farmacia è diventata Museo.