Santa Panagia è il nome dell’esteso promontorio a nord est di Siracusa, una piattaforma alta sul mare con falesie e un susseguirsi di piccolissime insenature. Lungo il tratto più settentrionale, una sorta di piccolo fiordo (qui chiamata “cava”) generato da un antico corso d’acqua, che si estende per circa un chilometro verso sud, ha consentito lo svilupparsi di una fitta vegetazione anche per la presenza di sorgenti di acqua dolce. La parte prossima al mare è stata utilizzata già nel medioevo, ma probabilmente anche in epoca antica, come porto-rifugio.
La tonnara
Nell’immaginario contemporaneo la pesca del tonno in Sicilia è appannaggio della parte occidentale dell’isola dove le tonnare hanno resistito fino a pochi anni fa. In realtà queste straordinarie architetture della produzione sono disseminate, in quantità, anche sulla costa sud orientale. La tonnara di Santa Panagia, accanto al fiordo, è una delle più antiche essendo già presente in documenti del XII sec.
Ridotta oggi a un insieme di affascinanti ruderi, ha avuto una importantissima funzione economica per molti secoli, dal XVII alla prima metà del XX. Rilevata e rilanciata dalla famiglia Calascibetta di Piazza nella metà del Seicento, insieme alle tonnare di Vendicari e Marzamemi è stata più volte ampliata e comprende, oltre agli spazi per la lavorazione del tonno, una chiesa, alloggi, depositi.
Il sentiero ciclo-pedonale
La linea ferrata tra Catania e Siracusa, progettata fin dai mesi immediatamente successivi all’Unità d’Italia, venne realizzata tra la fine degli anni 1860 e il 1871, anno in cui fu inaugurata. Il tratto finale, tra Targia e Siracusa è stato dismesso alla fine del XX sec. ed è stato trasformato in parte in sentiero ciclo-pedonale che dalla stazione Targia conduce fino al Monumento ai caduti italiani d’Africa. Inaugurato nel 2009 è intitolato alla campionessa di apnea Rossana Maiorca. Lungo i poco più di 6 chilometri del suo sviluppo il viaggiatore può ammirare sia elementi naturali (la costa ionica, gli scogli e le diverse piccole insenature), sia importanti elementi storici che coprono circa 3000 anni di storia.
Il quartiere Ina Casa
Il viaggiatore che voglia davvero conoscere un luogo, deve spingersi oltre le mete turistiche ed entrare nella carne viva della città, guardarne la gente, conoscerla. Una occasione è data dal quartiere Santa Panagia, poco più a sud della cava e della tonnara. Si tratta di un insediamento Ina casa (le cosiddette “case popolari”) realizzato nel 1957 da due grandi architetti romani: Mario Fiorentino e Italo Insolera. Il quartiere era destinato ad ospitare famiglie provenienti da Ortigia e, per questo, articola le abitazioni attorno e piccole corti aperte che ricordano i ronchi del centro storico. Al centro del quartiere gli spazi per la scuola e le altre attrezzature pubbliche. Nonostante il degrado che oggi presenta, il quartiere, mostra ancora la forza del progetto e di quella utopia irrealizzata che furono, in molti casi, gli interventi Ina Casa.
Le corti di Santa Panagia
La vita sociale, soprattutto delle donne che rimanevano a casa mentre gli uomini andavano a lavorare, nei quartieri storici si svolgeva in buona parte nello spazio pubblico, sulla strada o, ancora meglio, nei “ronchi”, vicoli ciechi che caratterizzano il tessuto di una parte di Ortigia. Il progetto del gruppo Fiorentino si pone l’obiettivo di realizzare, seppure all’interno di un disegno urbano decisamente contemporaneo, degli spazi intermedi, tra il pienamente pubblico della strada e il privato della casa, per consentire il mantenimento di quelle forme di socialità.
Il Monumento ai caduti italiani d’Africa
Questo monumento, realizzato alla fine degli anni 1930 dallo scultore fiorentino Romano Romanelli era destinato ad Addis Abeba, ma l’entrata in guerra dell’Italia rese impossibile il trasporto. Nel 1952 lo stesso scultore propose di collocarlo nella città dal quale sarebbe dovuta partire la nave orientandolo verso sud, cioè verso il mare d’Africa. La sistemazione venne effettuata nel decennio successivo.
I Cappuccini
Il convento dei Cappuccini si trova a pochi metri dall’imbocco sud del sentiero ciclo-pedonale. Questo complesso conventuale ha una specificità: costruito nella seconda metà del XVI sec. sulle latomie (cave di pietra) che da allora si chiamano “dei Cappuccini”, era sottoposto alle incursioni dei pirati. Per questo non presenta finestre a piano terra ed è circondato da un muro di cinta che ha lo stesso andamento di un vecchio fossato difensivo. A lungo il convento fu raggiungibile attraverso un ponte levatoio.
La Madonna dei Pericoli
La chiesa, come tutte quelle francescane, è sobria, ma presenta piccole gemme: la meridiana sul prospetto principale, la loggia e, all’interno, alcune opere interessanti tra cui la pala dell’altare maggiore che ritrae la Madonna dei Pericoli ed è stata a lungo attribuita a Mattia Presti, pittore calabro di scuola caravaggesca. Tale attribuzione oggi non è validata.
Una città amata dagli stranieri
Sarà per la luce, sarà per i miti, sarà per la densità delle presenza di epoche storiche così diverse, ma Siracusa è da sempre una città molto amata dagli stranieri. Questa fascinazione non ha riguardato solo i giovani che, tra XVIII e XIX sec. si avventuravano in quell’irrinunciabile viaggio di formazione poi definito Gran Tour che aveva in Siracusa una tappa fissa, ma prosegue ancora oggi spingendo molti stranieri a possedere una casa in questa città.
Tra le figure più interessanti che nel XX sec. si innamorarono di Siracusa è Christiane Reimann, una ricca e colta signora danese che giunse nella città aretusea nel 1933. In realtà l’idea di acquistare l’ottocentesca villa Fegotto, collocata in una splendida posizione ai margini della Necropoli Grotticelle, non fu sua, ma alla fine scelse la villa, nel frattempo sopraelevata, come sua definitiva residenza.
Gli interni
Morendo nel 1979, Christiane Reimann lasciò la sua proprietà al Comune di Siracusa perché ne facesse "sede di attività formative ed educative di rango universitario ed in ogni caso di elevato livello intellettuale, ed altresì a sede di manifestazioni culturali di pari dignità, e ciò al fine di contribuire al progresso civile ed intellettuale della città di Siracusa".
La villa, completamente arredata, viene oggi utilizzata per questi scopi, ma la visita degli interni merita attenzione quanto quella del parco. Gli arredi e le suppellettili sono ancora in gran parte quelli originali e sono testimonianza dei gusti di una colta ed emancipata donna europea del XX sec.
A Villa Reimann ha sede il Consorzio Universitario Archimede.
Il parco e i suoi giardini
L’area della villa (circa 16 mila metri quadri) è quasi per intero occupata da un bellissimo parco in cui il Giardino di agrumi, che comprende centinaia di aranci, limoni e mandarini di diverse qualità, è forse la parte più affascinante, se non altro per i profumi che segnano le diverse stagioni.
Attorno a una fontana, un giardino all’italiana caratterizzato da piante alloctone costituisce il Giardino Esotico, mentre in prossimità della scala che conduce al belvedere, da cui si gode di una impareggiabile vista sulla città, sono collocate rare piante grasse.
Aree arredate per la conversazione, fontane e altri elementi di arredo arricchiscono il parco che offre anche resti archeologici di età greca, romana e bizantina.