Molto più noto è il paesaggio di pietra delle necropoli, costituito dalle tombe a camera che si aprono nei costoni rocciosi, e che caratterizzano la preistoria e la protostoria siciliana, fino ad oltre l’arrivo dei greci, diciamo tra il 2500 ed il 500 a.C. Negli Iblei Pantalica è il caso più eclatante, con le sue 3716 tombe, che hanno colpito la fantasia dei viaggiatori del XVIII secolo. Queste sono divise in diverse necropoli (Filiporto, Nord-Ovest, Nord, Cavetta, sud), e corrispondono ad un arco di tempo compreso tra il 1250 ed il 700 a.C. Hanno un ingresso rettangolareche immette in una camera interna per lo più non superiore a 1-1,5 metri. In alcuni casi più camere sono collegate, talvolta con una disposizione a raggiera.
L’alveare di pietra
Lo studio delle tombe ha rivelato come nel tempo queste siano cambiate modificandosi in pianta, da circolare a rettangolare/trapezoidale, e nel prospetto.
Il sepolcro inaccessibile
Alcune tombe, come quelle della Necropoli Nord, si aprono nella parete verticale sembrando apparentemente inaccessibili, tant’è che i primi esploratori dovettero utilizzare delle corde per raggiungerle. Ad una indagine più attenta, tuttavia, si individuano piccoli sentieri e appigli che potrebbero essere serviti tanto in antichità quanto nei secoli successivi (anche ai tombaroli). È comunque evidente come è cambiato rispetto alle fasi più antiche il rapporto tra vivi e morti, quando davanti alle tombe ancora si aprivano gli spazi per i rituali comunitari.
Il sepolcro inaccessibile
Le tombe più recenti, come quelle della Necropoli di Filiporto, risultano in genere più accessibili, ed hanno facciate più elaborate, decorate da cornici, che immettono in una camera a pianta quadrata o trapezoidale.
Segni di potere (C’è ma non si vede)
Gli accessi alle tombe erano chiusi da lastre in pietra che si incastravano nelle cornici o, più di frequente, da muri di pietre non lavorate, rimossi in occasione di nuove sepolture. Tali differenze nell’aspetto esteriore delle tombe riflettevano verosimilmente il differente status sociale del defunto. Il forte contrasto chiaroscurale fra l’interno e l’esterno, inoltre, le rende oggi distinguibili ma, una volta chiusi e mimetizzati nella parete rocciosa, gli ingressi dovettero rendersi v riconoscibili, mediante elementi aggiuntivi oggi perduti.
Segni di potere (C’è ma non si vede)
Alcune tombe erano provviste di un corridoio di accesso, detto “dromos”, che poteva arrivare a 2 metri di lunghezza. Esso serviva a drenare le acque in caso di pioggia e a facilitare la deposizione del defunto.
Il banchetto funebre
Le tombe contenevano generalmente da uno a cinque sepolture, appartenenti a più generazioni di una stessa famiglia; non mancano tuttavia casi in cui si ha un numero maggiore di defunti (fino a 24 all’interno di una singola tomba). I morti erano seppelliti in posizione distesa o contratta ed accompagnati da un corredo di oggetti personali (fibule, armille, anelli, specchi, rasoi), armi e, naturalmente, vasi. Essendo collocati all’interno della camera, i corredi furono concepiti per essere utilizzati dal defunto, e non dai visitatori in occasione della sepoltura o nelle visite successive.
Il banchetto funebre
I corredi funerari, posti al centro della camera, comprendevano anfore e bacini su alto piede, in alcuni casi di grandi dimensioni e costituivano un servizio da mensa per il banchetto da parte dei defunti.
Una montagna sacra? (Identità di pietra)
Per chi si trova sul pianoro di Pantalica le tombe non sono immediatamente percepibili. Molte, anzi, rimangono decisamente nascoste alla vista. In questo i cimiteri di Pantalica hanno qualcosa in comune con le necropoli della prima metà del II millennio, che erano collocate oltre il limite visivo dell’abitato. Durante la preistoria, questi paesaggi di pietra dovevano avere una particolare valenza per gli abitanti, diventando segno della loro identità, del loro territorio. Essi probabilmente erano anche percepiti come spazio liminale tra i vivi e i morti. Il massiccio roccioso potrebbe, in questo caso, essere stato percepito come una “montagna sacra”. Visibili a chi si avvicinava a Pantalica, sia dal fondovalle, sia dalle colline circostanti, le necropoli distribuite tutto intorno alla montagna, ne sanciscono l’appartenenza ad una comunità ben definita.
Una montagna sacra? (Identità di pietra)
L’assenza di abitazioni nel pianoro ha fatto addirittura ipotizzare che le necropoli fossero utilizzate non solo dalla comunità di Pantalica, ma anche da altre del territorio.