Siracusa città
Brani letterari
“Giace della Sicania al golfo avanti un'isoletta che a Plemmirio ondoso è posta incontro, e dagli antichi è detta per nome Ortigia. A quest'isola è fama, che per vie sotto il mare il greco Alfeo vien, da Doride intatto, infin d'Arcadia per bocca d'Aretusa a mescolarsi con l'onde di Sicilia […]”.
(Virgilio, Eneide, libro III, v. 1095)
Fonte Aretusa
“Vedrai la fonte Aretusa, celebratissima dai poeti, il suo laghetto limpidissimo dal fondo trasparente, le sue acque freschissime, sia che le trovi là al loro nascere, sia che conservi intatto e restituisca alla luce un fiume inabissatosi nelle viscere della terra e scorrente sotto tanti mari senza mescolare e alterare le sue onde.”
(Seneca, Consolatio ad Marciam, XVII)
Cattedrale
“[…] accingendosi a salpare dalla città, i naviganti si recavano presso un altare collocato a un capo dell'isola di Ortigia, vicino al santuario Geo Olimpia, e da qui prelevavano una coppa; giunti al largo, quando lo scudo posto sulla sommità del tempio di Atena non era più visibile - vale a dire quando Ortigia, della quale il tempio occupa il punto più alto, spariva dall'orizzonte - la coppa, ricolma di fiori, aromi, grani di incenso e favi di cera, veniva lanciata in mare.”
(Ateneo)
”Prendete un tempio greco, incorporatelo per intero in un edificio cristiano, al quale successivamente si aggiungono le modifiche e la ricostruzione dell'edificio per il culto cristiano adoperate dai normanna, tra le altre, la facciata abbattuta dal grande terremoto del 1693. Senza scoraggiarvi vi rimettete all'opera e, cambiando completamente direzione, sostituite la vecchia facciata con una deliziosa composizione barocca all'incirca del 172854. E il tutto, deteriorato com'è, continua a vivere e a sorridere, diffondendo nel mondo la sua immagine come se fosse stato ideato da un Leonardo o da un Michelangelo”
(Lawrence Durrel, Carosello siciliano. Viaggio di un inglese in Sicilia, p.31)
Latomie
“Tutti voi avete sentito parlare, e la maggior parte conosce direttamente, le Latomie di Siracusa. Opera grandiosa, magnifica, dei re e dei tiranni, scavata interamente nella roccia ad opera di molti operai, fino a una straordinaria profondità. Non esiste né si può immaginare nulla di così chiuso da ogni parte e sicuro contro ogni tentativo di evasione: se si richiede un luogo pubblico di carcerazione, si ordina di condurre i prigionieri in queste Latomie anche dalle altre città della Sicilia.”
(Cicerone, Le Verrine)
"In un primo tempo i Siracusani trattarono duramente quelli che erano nelle Latomie. Questi, in molti in un luogo cavo e ristretto, dapprima furono tormentati dal sole e dal caldo, essendo il luogo scoperto; sopravvennero in seguito, per contro, le notti autunnali fredde, Che provocarono le malattie. E poiché per la ristrettezza dello spazio essi facevano tutto nello stesso luogo, e per giunta si accumulavano gli uni sugli altri i cadaveri di coloro che mori-vano per le ferite, per i cambiamenti di temperatura e per cause dello stesso genere, il puzzo era intollerabile, ed erano tormentati dalla fame e dalla sete (intatti, distribuirono loro per un mese un cotile d'acqua e due cotili di grano). E di quanto poteva capitare a chi fosse gettato in un tal luogo, nulla fu loro risparmiato. Rimasero cosi ammassati circa settanta giorni: dopodiché, tranne alcuni Ateniesi e alcuni Siciliani e Italici che avevano combattuto con loro, tutti furono venduti. Non è facile dire esattamente quale fosse il numero totale dei prigionieri, ma certo non inferiore a settemila.”
(Tucidide, Storie, VII, 86-7)
Orecchio di Dionisio
“Mirabella, nato a Siracusa e autore di una storia della città, c'informa che questa grotta, chiamata Orecchio di Dionisio, in origine era una cava come le altre designata con il nome di Piscidina. Ci racconta che vi si rinchiudevano prigionieri importanti durante il regno di Dionisio e che il carceriere mettendosi in un certo punto del cunicolo, a loro insaputa, riusciva ad ascoltarne i discorsi anche se parlavano a voce bassa, per l'effetto straordinario di un'eco prodotta dalla forma della grotta. Una volta al corrente dei loro segreti, li riferiva a Dionisio. Questo è quanto si racconta, ma anche la forma appuntita della grotta, forse, ha contribuito a darle il nome di orecchio da cui poi è nata la leggenda. Fuori, all'imboccatura del cunicolo, doveva essere una scala che conduceva al di sopra della rupe, dove si trovavano le costruzioni che completavano gli alloggi della prigione, di cui la grotta era la segreta. In questo Orecchio o Piscidina, il tiranno Dionisio rinchiuse il filosofo Filosseno, verso cui aveva mostrato tanta amicizia, perché non aveva lodato i suoi versi.”
(Jean Pierre Houël, Il viaggio in Sicilia, p. 47)
Teatro
“[…] chiamavan Timoleonte, il quale menato in biga per mezzo la piazza passava al teatro, e cosi introdotto su quel cocchio medesimo, dove stava assiso, accolto veniva affettuosamente dal popolo che ad una voce lo salutava”
(Plutarco, Timoleonte, 38)
Per orientarsi
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