Nella sua configurazione attuale, il palazzo fu costruito su commissione di Giacomo Nicolaci, su preesistenze, presumibilmente a partire dal 1737. Questa data, riportata sul fronte, è la più antica tra quelle presenti nei palazzi della città di nuova fondazione. Scarne le notizie documentarie; di certo il palazzo mostra una buona padronanza stereotomica e alcune affinità con alcune architetture progettate da Rosario Gagliardi a Noto, come il coevo convento dei Carmelitani. In entrambi i casi i portali sono tratti dalle incisioni di Vignola.
Il palazzo di città
La parte più antica dell’edificio è senz’altro la manica prospettante sull’attuale via Corrado Nicolaci, in questa parte sono state probabilmente reintegrate precedenti costruzioni avviate immediatamente post sisma.
Balconi
Il disegno del prospetto del palazzo, scandito dal ritmo delle aperture e segnato in asse di simmetria centrale dal portale “a tribuna”, presenta una forte accentuazione decorativa ed espressiva nei mensoloni che sostengono lo sporto dei balconi. Figure zoo e antropomorfe (forse simboli dei vizi e delle virtù umane), propongono un patrimonio di forme e di metafore comuni all’intera Sicilia sud orientale nella stagione costruttiva seguita al terremoto del 1693, ma che probabilmente possedevano una lunga storia precedente.
Balconi
Nel palinsesto si inserisce una serie di cinque cavalli alati, forse allusiva, nel segno della continuità, al «gran balcone» di Pietro Landolina a Noto antica, conformato «a guisa di carro trionfale, portato da quattro alati cavalli di rilevata scoltura».
Un progetto incompleto
«Reduce da Montpellier, portò non solo il disegno della sua casa … ». Così recita una fonte ottocentesca riguardo a Giacomo Nicolaci. Un’annotazione che, congiuntamente all’analisi dell’assetto planimetrico della fabbrica, suggerisce un originario disegno conforme allo schema di un hôtel particulier, con una corte d’onore avanzata, racchiusa da un muro basso e curvilineo sul fronte d’ingresso (posto sul lato dell’attuale via Cavour: la strada dei palazzi aristocratici) e uno sviluppo a tre ali ortogonali del corpo residenziale.
Un progetto incompleto
Si trattò di un progetto ambizioso, ricostruibile congetturalmente, rimasto solo parzialmente realizzato, forse per l’impossibilità di annettere i lotti retrostanti all’attuale corpo residenziale, in parte attualmente occupati dal mercato costruito nell’Ottocento.
Giacomo e la sua biblioteca
La cultura internazionale del palazzo riflette quella del committente. Poliglotta, edotto in materie scientifiche e umanistiche, Principe dell’Accademia dei Trasformati, il barone Giacomo Nicolaci viaggiò per l’Italia, la Francia, l’Inghilterra, stringendo sodalizi culturali con i dotti del tempo. La sua biblioteca privata fu arricchita con strumenti geometrici e astronomici e pubblicazioni di carattere scientifico, filosofico e umanistico provenienti da tutta Europa.
Giacomo e la sua biblioteca
Complessivamente, il patrimonio librario di Giacomo Nicolaci fu stimato in oltre duemila pubblicazioni, oggi confluite nella Biblioteca Comunale di Noto, ospitata nel suo palazzo.
La villa Elenora
La residenza dei Nicolaci, conosciuta come villa Eleonora, appartiene alla seconda metà del XVIII secolo, anche se la sua realizzazione si prolungò per decenni. Anche in questo caso, l’architettura appare come la sintesi di due diversi apporti progettuali. Il prospetto principale è caratterizzato da un emergente volume convesso e da due ingressi laterali a cuneo, generati da una complessa stereotomia. Il fronte interno loggiato appartiene ad una fase diversa, così come il giardino all’italiana retrostante.
La villa Elenora
Anche in questo caso emerge la componente internazionale delle architetture promosse da Giacomo Nicolaci e sorge ancora il sospetto di una vicenda analoga ad altre che si sono esaminate: un progetto esterno importato dal sud della Francia.