Il sisma del gennaio 1693 costituì per Catania un’occasione straordinaria di ammodernamento. Il duca di Camastra, Vicario Generale per la ricostruzione, spinse certamente nella direzione di un disegno urbano moderno, composto di grandi assi (le strade “maestre”) e di piazze dal disegno regolare. Un ruolo determinante ebbe l’ingegnere militare Carlos de Grunembergh che, riparando il circuito murario, posizionava le porte urbane che fissavano le direzioni degli assi viari maggiori. Non si trattò comunque di un piano nel senso moderno del termine, ma di uno schema generale che diede il via a molteplici negoziazioni per la riassegnazione dei lotti, a numerosi conflitti giuridici sulle proprietà e che inevitabilmente comportò anche progressivi aggiustamenti.
Un “piano” per la ricostruzione
La veduta della città pubblicata nel Lo Stato Presente della Sicilia di Arcangelo Leanti (1761) del 1761 evidenzia il nuovo assetto urbano raggiunto a quella data, caratterizzato da grandi assi rettilinei.
Un “piano” per la ricostruzione
Per Catania, l’ampliamento delle sezioni stradali e la costruzione di piazze non rientrano esclusivamente nell’orbita di una concezione scenografica della città barocca. Si trattava in realtà anche di un accorgimento antisismico, dopo che tra i crolli tra i vicoli avevano prodotto numerose vittime e impedito la celerità dei soccorsi.
Un repertorio di soluzioni geometriche: le piazze
La ricostruzione della città, avviata nel 1693, comportava nuovi rettifili che ridisegnavano gli isolati e ridistribuiva le proprietà, ma anche un certo numero di nuove piazze dal disegno differenziato. Se l’incrocio tra le attuali via Etnea e via Sangiuliano, nota come i Quattro Canti, era ottenuto solo attraverso lo smusso diagonale degli isolati - anche per camuffare la non ortogonalità delle strade -, la Piazza degli Studi e quella Mazzini mostrano geometrie regolari e l’intento di definire, attraverso l’architettura, la differente funzione civica. Nella seconda metà del Settecento l’esedra posta di fronte alla chiesa di San Nicolò delineava un ulteriore spazio pubblico per palazzetti d’affitto e residenze private.
Un repertorio di soluzioni geometriche: le piazze
Una delle piazze più monumentali e raffinate di Catania è quella degli Studi, lungo la via Etnea, alle spalle del palazzo comunale e che ospita sui fronti lunghi contrapposti la sede universitaria e il palazzo Sangiuliano, entrambi progettati negli alzati da Giovan Battista Vaccarini e collaboratori.
Un repertorio di soluzioni geometriche: le piazze
Collocata in un importante snodo urbano è la piazza San Filippo (oggi Mazzini) caratterizzata, oltre che dal disegno di un impianto quadrato ad angoli chiusi, anche da portici su colonne.
Un repertorio di soluzioni geometriche: le piazze
La pianta di Sebastiano Ittar, datata 1833, racconta l’impianto cittadino e lo arricchisce con vedute delle piazze più importanti. La tavola rivela però anche gli importanti resti archeologici esibendo un vero compendio della storia secolare della città.
La piazza della cattedrale
La piazza del duomo è la ricostruzione in forma più geometricamente controllata del vasto slargo dove si fronteggiavano già da prima del 1693 il palazzo comunale con quello vescovile e il Seminario. La cattedrale era collocata in posizione intermedia tra le due istituzioni e, esattamente come a Siracusa, questo posizionamento ne restituiva il valore simbolico di centro dell’alleanza tra i poteri cittadini. Come a ordinarne gli equilibri e le asimmetrie, al centro della piazza, si posizionava, intorno al 1734 e su progetto di Giovan Battista Vaccarini, la fontana/obelisco dell’Elefante, una statua antica considerata protettrice della città.
La piazza della cattedrale
L’Elefante, conosciuto confidenzialmente come “u liotru” (traduzione dialettale del miotico Eliodoro) che sostiene un obelisco rimandava anche per i contemporanei all’Elefante berniniano della Minerva. Con tale modello, l’architetto Vaccarini incarnava le ambizioni cittadine di emulare Roma moderna.
Il prospetto della cattedrale
La storia trentennale della costruzione del prospetto della cattedrale si presta bene a rammentare come gli esiti architettonici del barocco siciliano siano spesso frutto di contese e di scontri. Il progetto era stato assegnato nel 1735 a Vaccarini, dopo un primo confronto con l’architetto cappuccino Girolamo Palazzotto. Tuttavia nel corso degli anni nuove polemiche sorsero sull’architetto e sul disegno, in particolare sulla tenuta statica, sulla distribuzione delle colonne sulla facciata. Attraverso perizie contraddittorie - alcune delle quali autorevoli come quelle di Luigi Vanvitelli e di Ferdinando Fuga - si giunse al compimento dell’impresa solo nei primi anni Sessanta del Settecento.
Il prospetto della cattedrale
Uno dei motivi di contestazione pubblica rivolto all’architetto palermitano era stato quello di usare disinvoltamente rivestimenti in pietra lavica lucidata, un materiale che per alcuni non era adeguato alla sacralità della cattedrale.
Il prospetto della cattedrale
Il nuovo progetto della facciata della cattedrale incamerava le grandi colonne dell’impianto normanno, posizionandole a guisa di ventaglio. Il portale medievale del duomo, considerato prestigioso per manifattura e antichità, venne invece smontato e rimontato nella chiesa di Sant’Agata al Carcere.
Porta Ferdinandea
Sul lato opposto del lungo rettifilo, concluso dalla facciata della cattedrale, e proprio mentre quest’ultima si avviava a conclusione, si realizzò una porta urbana, a guisa di arco trionfale dedicato al re delle due Sicilie Ferdinando I che nel 1767 aveva raggiunto l’età per essere incoronato e l’anno successivo si sarebbe coniugato con Maria Carolina d’Austria. La porta venne progettata probabilmente in collaborazione tra Francesco Battaglia e suo genero, il polacco Stefano Ittar appena giunto a Catania. La costruzione si caratterizza per la ricca terminazione scultorea, l’accattivante scelta della bicromia e per la struttura concava del lato esterno: raggiungendo l’obiettivo di definire un’aulica presentazione e un invito alla città.
Porta Ferdinandea
La scelta della bicromia a fasce alternate di pietra bianca e pietra lavica possiede una lunga storia e sono numerosi gli esempi medievali che ne testimoniano l’applicazione. La ripresa settecentesca non sembra però rientrare nel solco di una tradizione, quanto trasmettere attraverso i materiali l’essenza di una città sul mare, ma figlia del vulcano.