Il motivo per il quale dopo una catastrofe che aveva ridotto drasticamente la popolazione, la comunità di Ragusa si sia divisa, optando per la rinascita di due differenti centri, non appare immediatamente spiegabile. Per alcuni contemporanei i motivi reali venivano ricondotti in modo manicheo a una differente provenienza etnica dei secessionisti (denominati “Cosentini”) mentre gli storici e i sociologi attuali offrono risposte razionali spesso altrettanto duali che contrappongono artificialmente modernità e tradizione.
L’impresa della nuova città
Una parte del ceto aristocratico e le imprese costruttive della cittadina stavano partecipando attivamente alla costruzione di nuovi città come Vittoria o Palma e l’ipotesi di investire in nuove e regolari case non doveva apparire velleitaria.
Il disegno, la distribuzione dei lotti, la copertura degli isolati
Nel leggero declivio del Patro, in una vasta area di proprietà del convento del Carmine si tracciarono lunghi assi ortogonali che racchiudevano grandi isolati di circa 80 metri di lato. All’assegnazione dei lotti, seguiva la costruzione di baracche e di “tuguri”, in posizione arretrata rispetto al filo della strada. Si passava poi alla costruzione delle vere e proprie case, quasi sempre a uno o massimo a due piani. La ricca documentazione esistente restituisce l’uso di una tecnica costruttiva tanto veloce che resistente con le cosiddette murature “a tabbia”, ma anche procedure moderne come il controllo centralizzato e l’approvazione preventiva dei progetti.
Il disegno, la distribuzione dei lotti, la copertura degli isolati
La “tabbia” era una tecnica in uso nel Mediterraneo sin dal Quattrocento, che sfruttava delle casseforme lignee e che, nel caso di Ragusa, usava la calce come legante. Un metodo adatto a costruire velocemente la nuova città, composta, almeno inizialmente di abitazioni seriali.
I monumenti della nuova città: San Giovanni e la Fontana Grande
Sin dall’inizio alcuni spazi centrali della nuova città furono destinati a edifici pubblici e in particolare alla costruzione della chiesa madre dedicata a San Giovanni Battista. La prima edificazione venne curata dal maestro Mario Spada, professionista che sembra avere avuto un ruolo decisivo nel disegnare il piano della nuova città. Ben presto tuttavia la chiesa dovette essere ampliata e negli anni Venti del XVIII secolo una impresa di Acireale avviò la costruzione della chiesa a tre navate su colonne. Per le fasi iniziali, in realtà, l’impresa più impegnativa era stata un’altra: la Fontana Grande.
I monumenti della nuova città: San Giovanni e la Fontana Grande
La Fontana era un monumento pubblico alto sei metri, con statue in “pietra nigra”, purtroppo scomparso e noto solo attraverso le descrizioni, realizzato in collaborazione tra Mario Spada e lo scultore trapanese Filippo Di Natale. Echi di questa fontana si possono forse riconoscere in quella settecentesca, posta accanto alla cattedrale.
La piazza a due quote
La fabbrica della chiesa di San Giovanni si prolungò per decenni e comportò perizie e ripari per timori di crolli dell’alto campanile. Quando alla fine del XVIII secolo su uno dei lati della piazza si iniziò a costruire il moderno collegio di Maria, si pensò anche di riprogettare il sagrato che sappiamo era a più quote e con tre scale. Il progetto in corso di realizzazione nel 1795, probabilmente a opera di un architetto catanese come Antonino Battaglia, scomponeva le quote su due livelli e ricavava gli spazi per una loggia, con locali presumibilmente destinati ad essere affittati
La piazza a due quote
Nel progetto trovano spazio sia elementi tardobarocchi che neoclassici, saldando insieme forme opulente e nuove istanze di decoro civico, probabilmente veicolate da professionisti provenienti da Catania.
L’espansione
A partire dal XIX secolo l’espansione della città - che stava aumentando progressivamente ed esponenzialmente di popolazione - avvenne per progressive addizioni, prolungando gli assi di percorrenza verso ovest. Per massimizzare gli spazi edificabili ed evitare aree di risulta interni, i grandi isolati settecenteschi vennero comunque ridotti. Problematica, dibattuta e sostanzialmente elusa fu la costruzione di nuove piazze in grado di qualificare l’uniforme sequenza di abitazioni, affidate alle iniziative dei singoli.
L’espansione
L’unico episodio che ebbe un parziale successo fu dovuto alla famiglia Schininà che presso la propria residenza, promosse il disegno di una piazza ottagonale, arricchita da una fontana.