Prende il nome di “Anaktoron” (dal greco “residenza del signore”) il monumentale edificio che sorge sul pianoro centro-meridionale di Pantalica. La struttura, costruita nella cosiddetta tecnica “ciclopica”, è sopravvissuta nei secoli rimanendo parzialmente visibile in superficie fin quando nel XVIII secolo non è comparsa su una mappa dell’erudito Gurgiullo, indicata col nome “Torre”. L’edificio dovette però aspettare la fine dell’Ottocento perché arrivasse Paolo Orsi a portarla in luce avviando le prime ricerche archeologiche sul sito. Fu lui il primo ad inquadrarlo cronologicamente nella preistoria. La struttura è oggi datata dalla maggior parte degli studiosi al 1250/1200 a.C.
La dimora preistorica di un re
Nonostante si trovasse a un’altezza inferiore rispetto ai rilievi circostanti, l’Anaktoron possedeva muri alti e possenti capaci di essere visti dall’intera vallata, incutendo rispetto per chi lo osservava a distanza.
Un’opera ciclopica
Il possente edificio dell’Anaktoron è costituito da una serie di ambienti disposti uno accanto all’altro. Sei vani si presentano di dimensioni uguali fra loro, verosimilmente utilizzati come magazzini per derrate. Vi è poi un vano più grande (Vano A) all’interno e in prossimità del quale sono stati documentati strumenti per la fusione di asce e per tale ragione interpretato come officina per la lavorazione del bronzo. Un corridoio collega il Vano A agli altri ambienti. Grande importanza dovevano anche avere gli spazi esterni alla struttura, a giudicare dalla presenza dei cortili (uno dei quali acciottolato e delimitato da un muro), utilizzati probabilmente per riunioni comunitarie.
Un’opera ciclopica
L’Anaktoron era fiancheggiato a Sud da tre muri paralleli tra di loro, oggi in gran parte coperti dalla vegetazione,che formavano una triplice cinta difensiva
Artigiani venuti da lontano
Nel Vano A, aggiunto per ultimo, i blocchi poligonali assumono dimensioni imponenti tali da definire una specifica tecnica di costruzione detta “ciclopica”. Sono lavorati a giunti accuratamente rifiniti, che trovano confronto nelle mura più tarde della cittadella di Tirinto, in Grecia (1250 a.C.). Si tratta di una tecnica sconosciuta nella Sicilia preistorica, per cui gli studiosi hanno ipotizzato che la costruzione sarebbe stata realizzata da maestranze straniere venute dalla Grecia, o da artigiani locali sotto la guida di un architetto greco. L’Anaktoron divenne così il simbolo del momento di massima fioritura della Sicilia protostorica, in cui si sviluppa una società complessa, con caratteristiche definite protourbane.
Artigiani venuti da lontano
La maestria nel tagliare la pietra, verosimilmente lavorata con uno strumento in metallo, è percepibile in ogni singolo blocco accuratamente rifinito.
Abitare tra le rovine (Maestoso è l’abbandono)
Per la sua monumentalità l’Anaktoron riuscì a resistere allo scorrere dei secoli, sebbene i muri e le coperture fossero crollate. Le possenti murature sfidarono i secoli. Furono dunque utilizzate verso il 600 d.C. come base per la realizzazione forse di un impianto industriale con vasche. Già agli inizi dell’VIII secolo, tuttavia, Pantalica dovette essere abbandonata, ed è in questo contesto che si colloca la deposizione di un tesoro di oggetti e monete in oro scoperto presso l’Anaktoron. . In concomitanza con la conquista araba, verso il IX secolo d.C., Pantalica ritornò ad essere abitata da un villaggio di modeste abitazioni.
Abitare tra le rovine (Maestoso è l’abbandono)
Sono ancora chiaramente visibili i grandi blocchi e le tracce di riuso medievale, rappresentate da malte colate sui muri ormai distrutti intorno al 600 d.C. Scomparsi invece i piccoli muretti di età ancora più tarda appartenenti a casupole.
Un’altra storia
Per alcuni studiosi la storia dell’edificio sarebbe un’altra, l’Anaktoron potrebbe cioè essere un edificio di età medievale anziché una costruzione di età preistorica. La sua particolare tecnica a grossi blocchi risalirebbe ad una tradizione costruttiva in voga nella Sicilia bizantina (VI-IX sec. d.C.), che caratterizzava fattorie fortificate diffuse soprattutto in area iblea. Non più quindi residenza di un sovrano, ma luogo di produzione e di immagazzinamento in un periodo difficile e turbolento.
Un’altra storia
Anche secondo questa ricostruzione, comunque, dopo un momento di fioritura l’edificio sarebbe stato distrutto e la sua area occupata da casupole.
Itinerario: A
Località attuale: Pantalica (Cassaro, Ferla, Sortino)