Pietro, il cui nome originario era Simone figlio di Giona, pescatore di Betsaida di Galilea, assieme al fratello Andrea era seguace del Battista che lo presentò a Gesù, il quale, secondo la tradizione cristiana, ne fece il capo dei suoi Apostoli, cambiandogli il nome da Simone in Pietro. L’etnoantropologo Giuseppe Pitré descrive la festa di San Pietro in questo modo: “in Modica si dà il nome di Santuna a Gesù Cristo e ai dodici apostoli perché sono raffigurati con dimensioni doppie delle ordinarie e consistono in rozzi congegni di legname rivestiti di tunica e sormontati da teste di cartapesta. Le statue procedono allineate a due a due dietro Gesù e il congegno posto al loro interno permette di muovere la testa o le braccia. Ognuna di loro porta lo strumento del martirio”. Il 29 giugno, giorno della festa viene portata in processione la reliquia del Santo, custodita in un braccio d'argento riccamente lavorato. Prima di iniziare la mattanza, San Pietro veniva invocato dai tonnaroti: “Pi San Pietro ca fu lu primu piscaturi e fici la cena di Nostru Signuri e pisci pigghiava spiciali pi lu priu do Signuri”. (In nome di San Pietro che fu il primo pescatore e fece la cena per nostro Signore e prendeva grandi pesci per la gioia di Gesù).
Edicole votive: i mistieri
Dovunque nelle campagne iblee si trovano segni religiosi, conventi, chiese, oratori, tabernacoli, croci isolate, tutte testimonianze della capillare diffusione della ritualità Cattolica. Le edicole votive costituiscono oggi la testimonianza diretta della devozione del popolo siciliano e dei suoi veri sentimenti, esse sono la manifestazione della continuità della cultura popolare del Mezzogiorno espressa in un’ingenua e primordiale produzione iconografica, all'interno di semplici tipologie pur se nelle forme compiute con variopinte decorazioni e molteplicità di materiali. Questi oggetti, questi segni costituiscono un punto di incontro fra la chiesa e la religiosità semplice spontanea delle comunità contadine o urbane e le edicole votive sono l'espressione di una radicata religiosità popolare di singoli o di insieme di fedeli facenti capo ad una via o ad un quartiere o a una Contrada di campagna.
Cava d’Ispica
Il massiccio dei Monti Iblei è un vasto Altopiano di natura calcarea che occupa il quadrante Sud orientale della Sicilia, a cavallo tra le province di Siracusa e Ragusa. Dalla massima elevazione costituita dai 986 metri del Monte Lauro ci si abbassa verso il mare, con una serie di pianori a gradinata delimitati all'esterno da un alta falesia fossile che incombe sulla stretta pianura costiera. La cava di Ispica così come le altre cave iblee sono riparate dai venti grazie alle irte pareti, sono molto umide, sono tiepide d'inverno e fresche d'estate quindi ha clima molto più temperato rispetto ai pianori soprastanti, tutto ciò non provoca grosse escursioni termiche. Spesso sui fianchi e soprattutto in prossimità del fondovalle si aprono grotte che costituiscono habitat ideali per la fauna che vi trova possibilità di riparo e riproduzione come pipistrelli e istrici. Nel bacino del Mediterraneo, dopo le zone umide costiere, le cave iblee sono gli ambienti più ricchi di flora e di fauna. Percorso di media difficoltà.
Pietra pece
Ad epoche preelleniche risalgono già le prime testimonianze della lavorazione dell'asfalto ma in tutte le epoche storiche si ha la testimonianza dell'utilizzo di questo particolare materiale. Alcune opere artistiche sono conservate nelle chiese del ragusano come il fonte battesimale conservato nella chiesa di San Tommaso a Ragusa Ibla, ai capitelli delle due cattedrali di San Giorgio e San Giovanni passando al bellissimo scalone della Chiesa dell'Immacolata sempre a Ibla dove si conserva un'altra testimonianza della lavorazione della roccia asfaltica ed infine la lastra tombale di un anonimo aristocratico Ibleo risalente probabilmente al ‘500. La pietra asfaltica è una pietra bagnata da petrolio, è un calcare tenero impregnato secondo percentuali diverse di bitume. La pietra pece frantumata e trasportata dai carretti venne imbarcata per essere utilizzata nella città di Parigi in via Rue bergère. Quasi tutte le case dei piccoli borghesi Iblei agli inizi del ‘900 si dotarono negli scalini di ingresso dell'arredo in pietra pece.
Cioccolata di Modica
Alcune fonti ci ricordano che durante la dominazione spagnola in Sicilia fu introdotta, nella contea di Modica, la lavorazione a freddo della cioccolata. Gli spagnoli sicuramente avevano appreso dagli aztechi la tecnica di lavorazione delle fave di cacao mediante l'utilizzo di una macina già in uso anche per i cereali. Le fonti ci ricordano che gli Aztechi non conoscevano l'esistenza dello zucchero e che consumassero il cacao in forma liquida durante le loro feste rituali. Furono sicuramente gli spagnoli i primi ad aggiungere al cacao lo zucchero, a realizzare la prima forma arcaica di cioccolato e a diffonderla nei propri domini compresa la Contea di Modica. Nel 2018, il cioccolato di Modica ha ottenuto dall'Unione Europea il riconoscimento di indicazione geografica protetta IGP. Ogni anno nella cittadina barocca si celebra la bontà e l'unicità di questa perla di dolcezza, giunta dalle Americhe, diventato simbolo di un'intera comunità.