A sud della residenza si colloca il quartiere del triclinio triabsidato, un gruppo di ambienti disposto su un asse differente rispetto al peristilio quadrangolare ma in linea con l’ingresso monumentale. Gli spazi si dispiegano intorno al peristilio ovoidale, denominato anche xystus, caratterizzato da un porticato delimitato su tre lati, chiuso ad ovest da un ninfeo.
Banchetti e panegirici animavano la vasta sala sullo sfondo di un mosaico pavimentale in armonia con la struttura architettonica (57)
I banchetti degli antichi romani, particolarmente raffinati, celebravano il prestigio di chi li organizzava, a volte in modo sontuoso e spettacolare. Oltre ad essere momenti di svago e di piacere, accompagnati da danze e da letture di poemi epici, avevano anche un’importante funzione sociale favorendo, tra una portata e l’altra, alleanze politiche e affari. Il nome di questo ambiente - triclinio - deriva dal lectus triclinaris, l’elemento di arredo su cui i romani, ispirandosi agli usi greci ed etruschi, consumavano il pasto. Il Triclinio della Villa Romana del Casale, edificio collegato al portico ovoidale da una scalinata rivestita in marmo, è costituito da un’aula quadrata sulla quale si aprono tre grandi absidi, originariamente introdotte da colonne. La vasta sala è decorata da mosaici che narrano le dodici fatiche di Ercole, la sua apoteosi o secondo studi più recenti il mito di Marsia, (aula centrale e abside settentrionale), la gigantomachia (abside orientale) e il mito di Licurgo e Ambrosia (abside meridionale).
Una sequenza di raffigurazioni non lasciata al caso.
Nel mosaico pavimentale delle dodici fatiche di Ercole, l’eroe protagonista non viene mai raffigurato ma è sostituito dagli effetti della sua forza contro i nemici già sconfitti. Secondo alcune interpretazioni il semi-dio, tuttavia, campeggia nell’apoteosi, narrata nell’abside settentrionale, vestito con la tradizionale pardalis e incoronato da Giove mentre, secondo recenti studi, in questo spazio sarebbe rappresentato il mito di Marsia sconfitto da Apollo. Nella Gigantomachia, epica lotta tra gli dei dell’Olimpo e i Giganti, questi ultimi, dai corpi possenti ed espressivi, sono effigiati come anguipedi, ovvero con la parte al di sotto del ginocchio a forma di serpente. Nell’ultima scena infine, legata alla tematica dionisiaca, si può osservare il momento in cui Licurgo, re della Tracia e ostile al culto del dio del vino, tenta di uccidere con un’ascia bipenne la baccante Ambrosia, provvidenzialmente aiutata da un corteo di Menadi e tramutata in vite da Dioniso stesso. Come rivela questo mito, un soggetto particolarmente frequente nei mosaici della villa tardo-antica sono le metamorfosi, simbolo dell’eterno rapporto tra l’uomo e la natura circostante.
Un cortile monumentale decorato da fontane e ninfei per accogliere ospiti di prestigio (46)
Questa imponente architettura dalla planimetria ellittica si articola lungo tre portici a pilastri. Si presume che i pilastri del porticato dovessero sorreggere una copertura lignea a pergolato, che creava un ideale luogo per il passeggio, allietato dai giochi d’acqua delle fontane che si disponevano entro il cortile scoperto, forse utilizzato per spettacoli di danza o giochi acquatici. Gli spazi tra le colonne erano chiusi da muretti, eccetto quelli mediani utilizzati come punti di passaggio. Testimonianze archeologiche fanno, però, ipotizzare la loro chiusura con lastre inserite nelle soglie per i giochi acquatici, resi più scenografici dalla presenza di tessere musive disposte a spina di pesce, dai colori digradanti, che dovevano simulare le onde del mare.
Uno spazio semicircolare sullo sfondo di colline verdeggianti.
Sul lato ovest del portico si trovava un ninfeo che, con la sua struttura absidata chiudeva il ritmo curvilineo dei portici. Poteva essere impiegato come luogo fresco e suggestivo per un convivio all’aperto durante i mesi estivi, in alternativa allo spazio chiuso del Triclinio. Nelle pareti si aprivano tre profonde nicchie, ancora in parte visibili, che costituivano delle fontane, di cui restano le fenditure da cui fuoriuscivano le condutture per creare giochi d’acqua.
Lo spazio era introdotto da colonne di cui restano solamente le basi in muratura che suggeriscono l’aspetto sontuoso che doveva assumere l’insieme.
Stanze sul lato settentrionale del portico ovoidale
Eroti vendemmianti popolano i piani mosaicati tra sfondi realistici (47)
Il tema dionisiaco percorre alcune sale della domus romana collegandosi a scene mitologiche o semplicemente a raffigurazioni di genere, legate al ciclo della vendemmia, a carattere non sempre realistico. Tra queste, una in particolare, decora il piano musivo del vano 49, simile per struttura e per funzione, a quelli adiacenti, che si dispongono sul lato settentrionale del portico ovoidale. Gli ambienti, dalle dimensioni quasi rettangolari, potevano essere frequentati da ospiti o dal personale del latifondo che non aveva accesso alla villa, e sono collegati ad una anticamera (ambiente 47), utilizzata come vestibolo. I protagonisti del suo mosaico sono degli eroti vendemmianti intenti a trasportare e pigiare l’uva.
Nel registro inferiore, in primo piano, due carri, colmi di uve di diversa qualità, vengono trainati, ciascuno da una coppia di buoi, verso il centro del paesaggio bucolico. Nel piano più arretrato, su una fascia decorata da arbusti, sono rappresentati degli amorini, abbigliati da corte tuniche fregiate conclavi e orbicoli, intenti a sorreggere diversi oggetti inerenti alla vendemmia, tra cui un otre rigonfio. L’azione si conclude con la figura di un genietto che si china per sorreggere un vaso nel quale si riversa del mosto. Il registro superiore, sullo sfondo di una fattoria, raffigura le fasi di pigiatura dell’uva da parte di tre putti privi di vesti e adornati solo da un nastro nero che ne decora il collo. Ai lati, coppie di eroti si muovono verso il centro della scena impegnati nel trasporto dei prodotti agricoli raccolti.
Un mosaico simile ad un prezioso ricamo (49)
Il vano contiguo disposto ad oriente che, con il precedente, conserva ancora un mosaico leggibile, si distingue per il suo particolare soggetto che presenta una vivace figurazione di amorini alati, ornati da collane, bracciali e armille, intenti raccogliere l’uva in un campo permeato da rigogliosi girali di vite. La decorazione, priva di riferimenti realistici, si dispiega, come un prezioso ricamo, a partire da ciascun angolo del quadro musivo fino al centro della scena, dominata da una figura senile inclusa in un medaglione. La narrazione descrive in forma idilliaca le diverse tipologie di coltura della vite presenti nel latifondo della residenza tardoantica.
Stanze sul lato meridionale del portico ovoidale
Scene di pesca tra paesaggi idilliaci (51)
L’ambiente, come quelli ad esso collegati, riprende la struttura e la funzione di quelli disposti a settentrione.
La raffigurazione musiva, che appare leggibile solo nella zona mediana, presenta due imbarcazioni che si stagliano sullo sfondo di un paesaggio marino. All’interno di ciascuna sono rappresentati degli eroti intenti a diverse attività di pesca. Al centro, tra le sommità dei battelli, un putto nudo pesca seduto su uno scoglio rosaceo, mentre nello spazio di mare antistante la terraferma, restano tracce di un amorino cavalca il dorso di un delfino tenendone le redini. Tra i lacerti di mosaico prossimi alla linea d’orizzonte, si scorge una villa marittima che, nell’insieme, riporta ad una atmosfera idilliaca in stretto contatto con la natura.
Un’ulteriore narrazione a tema marittimo (52)
Mosaici pavimentali animati da eroti immersi tra le acque ed impegnati in attività di pesca, che rendevano le acque marine un’importante fonte di approvvigionamento per i romani, ricorrevano in molte regioni nordafricane, come la raffigurazione proveniente da Sidi Abdallah, risalente al V secolo d.C., oggi conservata al Museo del Bardo.
Rappresentazioni inserite in paesaggi marini, così come in altri ambienti della villa romana del Casale, costituiscono una grande cartografia delle specie ittiche e delle tecniche di pesca conosciute in epoca tardoantica. Il tema iconografico di questo ambiente richiama quelli dei vani ad esso adiacenti, lasciando trasparire, nelle zone ancora leggibili, tratti di mare su cui agiscono putti alati, ornati di nastri al collo e monili, impegnati in diversi momenti della pesca. La resa realistica delle acque è rappresentata da linee spezzate o da rette che accentuano l’idea di movimento del mare.