L’area archeologica di Palazzo Acreide è ciò che rimane della antica colonia greca di Akrai, fondata nel 664 a.C., caposaldo della marcia dei Greci dalla costa siracusana a Camarina. Da qui infatti si controllava visivamente una gran parte degli Iblei. Oggi l’area è un complesso archeologico affascinante per la compresenza di strutture in elevato e di strutture cavate nella roccia, con una alternanza di vuoti e pieni che ne costituiscono la cifra stilistica. Gli edifici di età greca sorgono vicini alle cave di pietra, e queste, a loro volta, sono state utilizzate per ospitare edicole e bassorilievi di età greca e romane, e tombe ipogeiche di età cristiana. Ne risulta un palinsesto di età diverse di profonda suggestione per il visitatore, anche se difficile da decifrare.
Un paesaggio dell'archeologia
Della città si conserva anche un tratto del percorso stradale che correva a monte del teatro, lastricato con poligoni di basalto. Su questa confluivano strade più strette che delimitavano gli isolati.
Un teatro in miniatura
L'ottimo stato di conservazione del teatro greco di Akrai, del III sec. a.C., consente di riconoscere riconoscere molto bene l’impianto di un teatro greco, con la gradinata semicircolare (cavea) accessibile da gradini, lo spazio semicircolare antistante dove si svolgevano le evoluzioni del coro (l’orchestra) e il palcoscenico (la scena) di cui rimangono solo le fondazioni. Oltre che per spettacoli il teatro poteva anche essere usato per assemblee dei cittadini. Sul teatro si impostò dopo il suo abbandono, in età bizantina, un mulino che distrusse parte della scena.
Un teatro in miniatura
La cavea era divisa in nove settori da otto scalette, per garantire il flusso degli spettatori. I gradini erano sagomati.
Una piccola sala da concerto?
Accanto al teatro sorgeva una piccola struttura che ne riprendeva in scala ancora più ridotta gli elementi fondamentali: la cavea e la scena. L’edificio ha una pianta quasi quadrata, conserva sei gradini divisi in tre settori, e vi si accedeva da una porta disposta frontalmente. Potrebbe trattarsi verosimilmente di una sala per riunioni riservata ai senatori (il cd. bouleuterion), costruita verosimilmente in prossimità dell’Agorà. In alternativa, potrebbe trattarsi di una sala per spettacoli rivolti ad un pubblico più ristretto, come concerti. In quest’ultimo caso si tratterebbe di un Odeion.
Una piccola sala da concerto?
Il bouleuterion è collegato con il teatro da un corridoio sotterraneo che sbucava alla sommità della cavea. Probabilmente serviva a garantire un accesso diretto ai bouleuti.
Le tombe tra le cave di pietra
Nelle immediate vicinanze del teatro, e quindi all’interno della città, già in età greca furono scavate delle cave per l’estrazione della pietra, le cd. latomie, note anche a Siracusa. Ne esistono due, denominate l’Intagliata e l’Intagliatella, che con le loro imponenti pareti tagliate verticalmente, costituirono ieri come oggi un tratto dominante del paesaggio. Le due latomie, e quella più lontana, detta dei “templi ferali”, furono utilizzate già in età ellenistica per ospitare piccole nicchie per rilievi votivi (heroa) in onore degli eroi. Le icone potevano essere a rilievo nella pietra o in legno, in tal caso rimangono solo le nicchie rettangolari che li ospitavano.
Le tombe tra le cave di pietra
Successivamente, vi si installò una necropoli di tombe ipogee (cioè scavate nella roccia) che con le loro aperture buie spiccano oggi sul candore della pietra calcarea.
Il culto della Grande Madre
Presso il colle Orbo, si trovano 12 rilievi intagliati nella roccia, noti come “i Santoni”. Si tratta in realtà non di figure di santi, ma di rappresentazioni di un culto dedicato alla Grande Madre, o Cibele, un culto di origine orientale diffusosi in età ellenistica. La dea è raffigurata per lo più la dea seduta di prospetto, fiancheggiata da figure. In alcuni casi la scena rappresentata può raggiungere i 2 metri di altezza. Anche in questo caso l’uso della roccia locale crea una armonica fusione tra lavoro dell’uomo e paesaggio. I rilievi attrassero l’attenzione dei viaggiatori fin dal XVIII secolo.
Il culto della Grande Madre
Il celebre disegnatore Jean Hoüel ne riprodusse tre nel dettaglio. Tra questi il rilievo 2, il più grande e complesso: la dea è in piedi, con un piede su un leone, ed è fiancheggiata da Hermes, Attis e dai Dioscuri.